CONCORSI E PUBBLICO IMPIEGO - Cons. Stato Sez. IV, 04-01-2018, n. 38

CONCORSI E PUBBLICO IMPIEGO - Cons. Stato Sez. IV, 04-01-2018, n. 38

a disciplina dell'art. 12 D.P.R. n. 487 del 1994, dettata per i concorsi pubblici, esaurisce il proprio ambito di applicabilità nella regolazione degli stessi. Né una estensione alle procedure di esame previste per l'accesso alle libere professioni, può farsi discendere (sino all'introduzione di una specifica disposizione) da una interpretazione costituzionalmente orientata, alla luce dei principi di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, tutelati dall'art. 97 Cost. (Riforma della sentenza del T.a.r. Lombardia, Milano, sez. III, 2 febbraio 2015, n. 600) (Conforme alla sentenza Cons. Stato n. 37/2018).

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3594 del 2014, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Presidente del Consiglio e dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

L.M., rappresentato e difeso dall'avvocato Elena Provenzani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, n. 76;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio - Roma - Sezione III ter n. 2468 del 4 marzo 2014.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio e contestuale appello incidentale del signor L.M.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2017 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti l'Avvocato dello Stato Guida, e l'Avvocato Provenzani;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. L'originario ricorrente, già incaricato quale membro italiano dell'International Board of Auditors della NATO (IBAN), impugnava il D.P.C.M. 21 settembre 2012, nella parte in cui aveva indicato la scadenza dell'incarico al 15 settembre 2012, nonché il D.M. Affari Esteri 19 novembre 2012, che aveva ridotto il trattamento economico per il suddetto incarico da Euro 13.324,18 mensili lordi ad Euro 4.010,54 mensili lordi per il periodo 16 settembre 2012- 31 luglio 2013.

Infatti, per il primo periodo il trattamento era stato determinato ai sensi degli artt. 170 e 171 del D.P.R. n. 18 del 1967 nella misura spettante al Ministro plenipotenziario di prima classe e quantificato dal Segretario Generale della Corte dei Conti nella somma prima indicata; gli importi erano stati percepiti fino alla data del pensionamento avvenuto il 15 settembre 2012; per il periodo successivo, fino a scadenza mandato, al 31 luglio 2013, il compenso era stato determinato dal Ministero degli Affari Esteri , con D.M. 19 novembre 2012, che aveva riconosciuto all'originario ricorrente per il periodo 16 settembre 2012 - 31 luglio 2013 una indennità integrativa ai sensi dell'art. 189 del D.P.R. n. 18 del 1967, nella misura sopra indicata di Euro 4.010,54 pari al l'85% del trattamento del Ministro plenipotenziario di prima classe, decurtato del trattamento pensionistico.

1.1. Con il ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio invocava l'accertamento del proprio diritto a mantenere il trattamento economico riconosciuto con d.p.c.m. 21 settembre 2012 per l'intera durata dell'incarico e quindi fino al 31 luglio 2013.

2. Il giudice di prime cure accoglieva solo in parte il ricorso, rilevando che dovesse essere emendato il DPCM che fissava il termine dell'incarico al 15 settembre 2012, data del pensionamento del ricorrente, e che la data di scadenza dello stesso dovesse essere quella del 31 luglio 2013, tanto anche in base al D.M. del 19 novembre 2012 che aveva fissato la detta indennità alla data del 31 luglio 2013.

Quanto, invece, alla misura dell'indennità il TAR rilevava che non potesse continuare a corrispondersi all'originario ricorrente quella determinata ai sensi dell'art. 170 del D.P.R. n. 18 del 1967, all'indomani del pensionamento dello stesso, poiché quest'ultima presuppone la permanenza in ruolo del personale. Pertanto, risultava corretto, in via residuale in mancanza di disposizioni specifiche, il ricorso all'art. 189 dello stesso DPR che determina in via generale il pagamento di indennità per il personale del Ministero degli Affari Esteri e per quello messo a sua disposizione da altre amministrazioni dello Stato, che sia autorizzato a esercitare funzioni presso Stati esteri, nonché presso organismi internazionali.

Nel calcolo dell'indennità in questione il primo giudice riteneva fosse corretta la prassi, condivisa dal Ministero dell'economia e finanze, di calcolare detta indennità secondo i seguenti parametri:

a) individuare il trattamento economico che sarebbe complessivamente spettato al beneficiario dell'indennità qualora egli avesse prestato servizio presso una rappresentanza diplomatico consolare nella medesima città;

b) determinare l'indennità in percentuale rispetto a detto trattamento economico, in una misura variabile a seconda dell'importanza dell'incarico, ma comunque non superiore all'85%;

c) detrarre dall'ammontare così determinato l'importo del trattamento economico corrisposto dall'ente internazionale.

Pertanto, il primo giudice riteneva corretto il D.M. impugnato nell'applicazione dei primi due criteri, in quanto si era preso a riferimento sempre il trattamento economico del Ministro plenipotenziario di prima classe, e lo si era poi applicato nella misura dell'85%.

Errata, a giudizio del TAR, invece, era l'applicazione del punto c) in quanto era stato detratto l'importo della pensione del ricorrente, mentre la prassi prevedeva la detrazione dell'eventuale trattamento economico erogato dall'ente internazionale.

Irragionevole e contrario, concludeva il TAR, anche alla prassi ministeriale era, quindi, decurtare il compenso della pensione, che, come noto, veniva erogata sulla base di un titolo affatto diverso da quello qui in discussione.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe ha proposto appello principale l'Amministrazione lamentando l'erroneità del solo capo della stessa che ha ritenuto essere scorrette le modalità di individuazione dell'importo dell'indennità.

In particolare - atteso che l'ordinaria procedura per la determinazione degli importi da corrispondere a titolo di indennità integrativa prenderebbe in considerazione l'intero trattamento economico (stipendio metropolitano + indennità di servizio estero), che sarebbe spettato al beneficiario dell'indennità integrativa qualora avesse prestato servizio presso una Rappresentanza diplomatico consolare nella medesima città - ha lamentato la violazione dell'art. 2 della L. n. 1114 del 1962, secondo cui "Dalla data di decorrenza del collocamento fuori ruolo cessa il trattamento economico a carico dello Stato italiano".

Ossia, il personale, cui normalmente viene attribuita l'indennità integrativa ex art. 189 del D.P.R. n. 18 del 1967, sarebbe personale che, per poter essere impiegato presso enti e organismi internazionali con piena garanzia di indipendenza ed autonomia, verrebbe posto fuori dai ruoli organici della Amministrazione di propria appartenenza e vedrebbe, dunque, cessare ogni remunerazione a qualsiasi titolo dovuta da parte dello Stato italiano, potendo quindi far fronte agli oneri dovuti alla permanenza all'estero esclusivamente con la retribuzione corrisposta dall'ente internazionale.

Nella fattispecie, però, l'appellato, durante il suo periodo di servizio presso la NATO, avrebbe continuato a percepire regolarmente il trattamento di quiescenza.

Pertanto, ove l'importo di tale trattamento non venisse dedotto dall'ammontare dell'indennità integrativa, si giungerebbe ad un'incongrua duplicazione: si pagherebbe, cioè, per due volte. Un trattamento economico "metropolitano", una volta a titolo di pensione, e una seconda perché incluso quale componente nel predetto calcolo per la determinazione dell'indennità integrativa speciale.

Ciò determinerebbe un'ingiusta disparità di trattamento tra chi, regolarmente in servizio presso

l'Amministrazione di appartenenza, viene posto fuori dei ruoli per assumere un impiego presso enti internazionali, perdendo dunque il proprio trattamento metropolitano e potrebbe, soltanto godere di un parziale reintegro attraverso il calcolo dell'indennità integrativa, qualora questa gli venga riconosciuta, e l'appellato, che del trattamento a carico dello Stato continuerebbe invece a beneficiare, oltre ad averne un'ulteriore quota inclusa nell'indennità integrativa. Inoltre, andrebbe riconosciuto che il Ministero degli Esteri non avrebbe mai avuto un rapporto giuridico con l'appellato, come si evincerebbe dal decreto di nomina dell'appellato posto a carico della Corte dei Conti.

4. L'originario ricorrente, costituitosi in giudizio, invoca, da un lato, il rigetto dell'avverso gravame; dall'altro, propone appello incidentale autonomo avverso la sentenza indicata in epigrafe, nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto corretto, seppur in via residuale e in mancanza di disposizioni specifiche, il ricorso all'art.189 D.P.R. n. 18 del 1967, che individua un'indennità integrativa in luogo dell'indennità di servizio estero prevista dall'art. 170 D.P.R. citato e riconosciuta fino al 15 settembre 2012. Tale statuizione risulterebbe censurabile, in quanto pretenderebbe di "forzare" la posizione giuridica dell'odierno appellante incidentale al solo fine di adattarla a fattispecie giuridiche del tutto diverse, sia nei presupposti che nelle funzioni; laddove qui non si tratterebbe di individuare l'indennità accessoria applicabile, secondo il nostro ordinamento, a un funzionario italiano trasferito all'estero, ma di remunerare un componente di un Organo di vertice NATO secondo i principi stabiliti da Trattati e Statuti internazionali. Pertanto, non sussisterebbero margini discrezionali dell'Amministrazione nella quantificazione dell'indennità spettante all'alto funzionario che ricopra il ruolo di membro dell'IBAN; a detta qualifica dovrebbe applicarsi esclusivamente l'indennità di servizio estero quantificata secondo la Tabella 19 allegata al D.P.R. n. 18 del 1967 nella misura spettante al Ministro plenipotenziario di prima classe.

Ancora, la pronuncia di prime cure non avrebbe adeguatamente esaminato il secondo motivo di ricorso con il quale sarebbe stata denunciata: da un lato, la violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità, irriducibilità e del divieto di reformatio in peius della retribuzione, violazione rinvenibile nella consistente riduzione del trattamento economico riconosciuto al Presidente M. nel periodo in contestazione (dal 16 settembre 2012 al 31 luglio 2013) rispetto al periodo precedente (1marzo 2012/15 settembre 2012); dall'altro, la violazione dei principi di buon andamento, contraddittorio e partecipazione procedimentale ed eccesso di potere, in particolare per illogicità e irrazionalità, ingiustizia manifesta e violazione del principio del legittimo affidamento in relazione al fatto che il decreto del 19 novembre 2012 con il quale veniva effettuata la riduzione del trattamento economico spettante al Presidente M., non veniva mai comunicato né notificato al diretto interessato, che ne veniva a conoscenza informalmente solo il 27 febbraio 2013.

In particolare, la pronuncia di prime cure avrebbe dovuto rilevare l'evidente autonomia tra il rapporto funzionale con la Corte dei Conti (definitosi per sopraggiunti limiti d'età al 15 settembre 2012) e l'incarico assunto come membro dell'IBAN (regolarmente proseguito fino al 31 luglio 2013). Rilievo quest'ultimo che avrebbe comportato un diverso regime fiscale dell'indennità de qua.

5. Nelle successive difese l'appellante incidentale insiste nelle proprie conclusioni.

6. L'esame dell'appello principale e dell'appello incidentale deve essere preceduto da una sintetica esposizione dei provvedimenti che hanno riguardato l'originario ricorrente, nonché da una disamina della disciplina giuridica di riferimento secondo l'interpretazione giurisprudenziale che di essa è stata data.

6.1. In particolare, occorre chiarire che con deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti del 6-7 marzo 2012 l'originario ricorrente veniva designato all'espletamento dell'incarico di membro italiano dell'International Board of Auditors, organismo della NATO, con decorrenza 1 marzo 2012 - 31 luglio 2013. Con D.P.C.M. del 24 luglio 2012 l'odierno appellante principale veniva collocato fuori ruolo per tutta la durata dell'incarico, mentre il successivo D.P.C.M. del 3 settembre 2012 a parziale modifica del precedente limitava il detto fuori ruolo alla data del 15 settembre 2012, ultimo giorno di servizio dell'appellante principale, per sopraggiunti limiti di età. Con d.p.c.m. 21 settembre 2012 veniva attribuita al ricorrente l'indennità di servizio prevista dagli artt. 170 e 171 D.P.R. n. 18 del 1967, nella misura spettante al Ministro plenipotenziario di prima classe nella Rappresentanza permanente d'Italia presso il Consiglio Atlantico, la cui quantificazione veniva operata con decreto del 28 settembre 2012 del Segretario della Corte dei Conti. Con decreto del Ministero degli Affari Esteri di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze per il periodo successivo al 15 settembre 2012 la detta indennità veniva sostituita con l'indennità integrativa di cui all'art. 189 D.P.R. n. 18 del 1967.

6.2. Tanto premesso in punto di fatto, occorre richiamare la disciplina di riferimento rappresentata dagli artt. 1 e 2 della L. n. 1114 del 1962, nonché dagli artt. 170, 171 e 189 del D.P.R. n. 18 del 1967.

In particolare, l'art. 1 della L. n. 1114 del 1962 prevede che il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni possa, previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con decreto dell'amministrazione interessata, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con il Ministero dell'economia e delle finanze, essere collocato fuori ruolo per assumere un impiego o un incarico temporaneo di durata non inferiore a sei mesi presso enti o organismi internazionali, nonché esercitare funzioni, anche di carattere continuativo, presso Stati esteri.

L'art. 2 della stessa legge stabilisce che all'impiegato collocato fuori ruolo ai sensi dell'art. 1 si applicano le norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvata con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

Gli artt. 170 e 171 del D.P.R. n. 18 del 1967, invece, contengono la disciplina degli assegni e delle indennità del personale dell'Amministrazione degli affari esteri, in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria.

L'art. 189 dello stesso D.P.R., infine, prevede che al personale del Ministero degli affari esteri ed a quello messo a sua disposizione da altre Amministrazioni dello Stato che sia autorizzato ad assumere impiego o ad esercitare funzioni presso Stati esteri, nonché presso Enti, Organismi o tribunali internazionali può essere corrisposta, qualora il trattamento economico inerente a tale posizione non sia ritenuto sufficiente, un'indennità integrativa in misura da fissarsi con decreto del Ministro per gli affari esteri di concerto con quello per il tesoro e, ove del caso, con altro Ministro interessato.

6.3. In relazione al caso di specie, deve rammentarsi come la giurisprudenza di questo Consiglio abbia interpretato le norme citate nel senso che - ancorché la formula usata nella disposizione pattizia contenuta nella convenzione sullo statuto dell'organizzazione del trattato Nord Atlantico del 20 settembre 1991, ratificata con l. 10 novembre 1954 n. 1226, preveda che al funzionario dello Stato assegnato agli organismi N.A.TO. debbano essere corrisposti stipendi ed emolumenti tratti dai fondi dello Stato di appartenenza, secondo "una tabella prefissata", sia suscettiva di più significati - è senz'altro conforme al senso letterale del trattato (che ha voluto rinviare ad una tabella fissata dallo Stato di appartenenza al fine di predeterminare l'ammontare degli emolumenti, a garanzia delle situazioni soggettive del dipendente stesso), individuare tale tabella con riferimento all' art. 170, D.P.R. 5 gennaio 1967 n. 18, perché in tal modo è consentito predeterminare l'ammontare dei compensi percepiti nella sede estera, con riferimento alle qualifiche e alle sedi di servizio: ciò proprio a garanzia del funzionario stesso che in tal modo viene preventivamente portato a conoscenza della loro misura (Cons. Stato Sez. IV, 14-06-2001, n. 3155).

Inoltre, sia questo Consiglio che la Corte di Cassazione hanno ribadito che l'indennità di servizio all'estero di cui agli artt. 170 e 171 del D.P.R. n. 18 del 1967, per il personale dipendente dall'Amministrazione degli affari esteri, non ha natura retributiva, in quanto finalizzata a sopperire agli oneri derivanti dalla permanenza nella sede straniera. Pertanto, si tratta di un emolumento preordinato ad indennizzare il dipendente per i maggiori disagi derivanti dal servizio svolto all'estero esclusivamente in relazione al posto - funzione ricoperto, e non già in relazione alla qualifica formale rivestita dal beneficiario (cfr. Cass. sez. lavoro, 11 luglio 2016, n. 14112; Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1680).

Per quanto riguarda l'indennità di cui all'art. 189, invece, la stessa è preordinata ad attribuire al funzionario italiano che presti servizio presso istituzioni internazionali (o comunitarie) con retribuzione a carico di detti organismi un trattamento economico ulteriore, che viene nella sua misura discrezionalmente stabilito dall'amministrazione.

7. Tanto premesso in punto di fatto e di diritto, deve rilevarsi la fondatezza dell'unico motivo dell'appello principale, atteso che:

a) come dimostra la ricostruzione fattuale della vicenda il rapporto giuridico in esame deve riconoscersi solo tra l'originario ricorrente e la Corte dei Conti, alla quale deve imputarsi il decreto di nomina dell'interessato presso l'organismo internazionale;

b) la determinazione dell'indennità di cui all'art. 189 D.P.R. n. 18 del 1967 ha carattere discrezionale e secondo la prassi utilizzata dal Ministero degli Affari Esteri viene calcolata sulla scorta dei seguenti parametri: I) individuare il trattamento economico che sarebbe complessivamente spettato al beneficiario dell'indennità qualora egli avesse prestato servizio presso una rappresentanza diplomatico consolare nella medesima città; II) determinare l'indennità in percentuale rispetto a detto trattamento economico, in una misura variabile a seconda dell'importanza dell'incarico, ma comunque non superiore all'85%; III) che dall'ammontare così determinato venga detratto l'importo del trattamento economico corrisposto dall'ente internazionale;

c) la particolarità della fattispecie legittima l'amministrazione a detrarre dall'indennità l'importo della pensione del ricorrente, dal momento che nella fattispecie l'indennità de qua è stata corrisposta solo per ragioni equitative e mediante estensione analogica di una disposizione che postula la presenza in servizio del percettore;

d) al contrario, l'originario ricorrente ne fruiva una volta collocato a riposo, sicché del tutto legittimamente il computo della stessa veniva operato, detraendo l'importo della pensione, per evitare quella che sarebbe stata un'applicazione non consentita nemmeno in via analogica.

8. Per la stessa fondamentale ragione devono respingersi le doglianze contenute nell'appello incidentale con le quali si lamenta la mancata corresponsione anche all'indomani del collocamento a riposo delle indennità ex artt 170 e 171 D.P.R. n. 18 del 1962. La corresponsione di quest'ultime, infatti, richiede un presupposto sicuramente assente nella fattispecie ossia la permanenza in servizio di chi ne fruisce, poiché tutta la richiamata disciplina ha come ambito soggettivo i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Allo stesso modo non si rinviene alcuna violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità, irriducibilità e del divieto di reformatio in peius della retribuzione, considerato che come sopra chiarito l'indennità in questione non ha natura retributiva.

Neppure è configurabile alcuna violazione dei principi di buon andamento, contraddittorio e partecipazione procedimentale, nonché di eccesso di potere sotto i profili della illogicità, irrazionalità, ingiustizia manifesta e violazione del principio del legittimo affidamento, trattandosi di questione avente ad oggetto diritti soggettivi e non potendo vantare l'interessato alcun affidamento, in considerazione del mutamento di fatto, ossia il proprio collocamento a riposo di cui era ovviamente ben consapevole e del carattere latamente discrezionale (sia nell'an che nel quantum), della indennità di cui al più menzionato art. 189.

Infine, è ovvio che il regime fiscale dell'emolumento resti disciplinato dall'art. 51 del TU n. 917 del 1986 delle imposte sui redditi.

9. Pertanto appare giocoforza accogliere l'appello principale e respingere l'appello incidentale con ciò che consegue in termini di parziale riforma della pronuncia impugnata e di reiezione del ricorso di prime cure.

Nella particolare complessità e nella novità delle questioni trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

- accoglie l'appello principale;

- respinge l'appello incidentale;

- riforma in parte l'impugnata sentenza e respinge il ricorso di prime cure.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere


Avv. Francesco Botta

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